Un po’ barman, un po’ amico: l’accoglienza di Domenico Sinno, capobarman del Café Martinetti al Grand Hotel Majestic “già Baglioni”
Stile
Il suo bancone è la “seconda reception” dell’hotel: qui i clienti vengono per rilassarsi di fronte a un aperitivo, per brindare a un accordo di lavoro o solo per fare due chiacchiere prima di andare a dormire. Domenico Sinno serve rockstar e business man, sempre con il sorriso e la cura che contraddistinguono una proposta di alto livello.
Ricorda il suo primo giorno di lavoro al Café Martinetti del “Grand Hotel Majestic”?
Quale cocktail, secondo lei, rappresenta meglio l’anima del Majestic? E perché?
Sicuramente le capiterà di viaggiare: in queste occasioni, quando frequenta i bar degli hotel, qual è la prima cosa che nota? E cosa le piace ordinare, da consumatore
La prima cosa che faccio è osservare la persona dietro al bancone, che deve darmi la sensazione di avere una buona educazione lavorativa: l’approccio e i movimenti dietro al banco possono rivelare già molto di un professionista. Per me è poi molto importante che il locale, e di conseguenza le postazioni di lavoro, siano puliti e in ordine. In generale, proprio a causa del mio lavoro, non esco molto spesso e quando lo faccio cerco di andare a colpo sicuro in bei locali in cui posso rilassarmi, magari di fronte a un buon Americano.
Qual è la sua giornata tipo?
Arrivo al bar intorno alle 15 e per prima cosa controllo che il ragazzo che si occupa del bar alla mattina abbia lasciato tutto in ordine. Passo poi alle bottiglie, mi rapporto con l’economo per gli ordini e poi inizio a preparare la sala. Ogni tanto mi piace giocare anche con la macchina del caffè: se il clima è umido allargo la macinatura, se è secco la stringo e così via. Il servizio parte dalle 15.30-16: essendo un hotel internazionale ci sono stranieri, magari con il fuso orario a causa di un lungo viaggio, che gradiscono uno snack e un drink nel pomeriggio. Dalle 18 parte l’aperitivo, che va avanti fino alle 20.30. In queste ore siamo in diversi in sala e dietro al bancone, per riuscire a soddisfare le esigenze degli ospiti. Il dopocena dura fino alle 24, anche se solitamente prima delle 1 o delle 2 non si riesce mai ad andare a casa: nel nostro lavoro, dopo una giornata e una serata trascorsa a parlare con i clienti, c’è sempre bisogno di un piccolo momento di decompressione. A differenza di un normale cocktail bar, inoltre, facciamo molta attenzione fin dal primo servizio alle abitudini dei clienti: che cosa amano bere e quanti giorni rimarranno, in modo da riuscire a soddisfare i loro desideri durante la permanenza in hotel. Essendo un punto di riferimento cittadino, infine, ci capita di essere a disposizione durante i numerosi eventi, presentazioni e incontri che si tengono in hotel.
Il ricordo più emozionante che la lega al Majestic?
La cosa più bella che mi è capitata qua è stata preparare un Margarita per Paul McCartney. Non dimenticherò mai quella serata: la porta di accesso esterno su via Manzoni del ristorante si stava quasi sfondando per la quantità di persone che volevano vederlo. Ma sono tanti i personaggi famosi che mi è capitato di servire: i Guns N’ Roses, che hanno bevuto vodka, i Depeche Mode, Jennifer Lopez, a cui abbiamo preparato una cena privata in camera, gli Iron Maiden e, recentemente anche John Landis, molto simpatico e cortese, accompagnato dalla famiglia.
A cosa non potrebbe mai rinunciare nella sua postazione di lavoro? Un profumo, una spezia, uno strumento di lavoro specifico…
Sicuramente ai due strumenti principali di questo lavoro: un buon mixing glass e un Boston Shaker.