Tradizione, identità ed emozione: intervista a Guglielmo Araldi, Executive Chef del Grand Hotel Majestic “già Baglioni” | Grand Hotel Majestic - Hotel 5 stelle Lusso
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Tradizione, identità ed emozione: intervista a Guglielmo Araldi, Executive Chef del Grand Hotel Majestic “già Baglioni”

Tradizione, identità ed emozione: intervista a Guglielmo Araldi, Executive Chef del Grand Hotel Majestic “già Baglioni”

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Lun, 25/07/2022 - 10:00

 

Arrivato al Majestic nel periodo più intenso dell’anno, lo chef Guglielmo Araldi è riuscito a portare la propria esperienza in un team rodato e affiatato. La sua è una cucina “dell’emozione”, proposta agli ospiti internazionali con dedizione e grande cura. Sempre portandosi dietro alcuni ingredienti irrinunciabili, come per esempio la ‘nduja calabrese...

1. Ricorda il suo primo giorno di lavoro nelle cucine del Grand Hotel Majestic?

Me lo ricordo bene, ho iniziato a fare lo chef qui a novembre, poco prima delle festività di Natale, un periodo dell’anno molto impegnativo per la nostra cucina. Appena entrato ci siamo buttati a capofitto nella programmazione natalizia: c’è stato tanto da lavorare fino alla fine dell’anno, mentre nel frattempo mi ambientavo e facevo conoscenza con i colleghi, la maggior parte dei quali è ancora qui al nostro Ristorante I Carracci.  

2. Qual è stata la richiesta culinaria più stravagante o inusuale a cui ha dovuto far fronte?

Era un primo pomeriggio di primavera, e alcuni clienti arrivati con un jet privato ci hanno chiesto un asporto di quaranta piatti. Siamo stati in grado di realizzarli in meno di un’ora. Questo piccolo aneddoto per raccontare che abbiamo una bella clientela, molto internazionale e sicuramente esigente, che a noi piace coccolare ed emozionare dando il massimo e proponendo prodotti di eccellenza, sempre freschi e di qualità. 

3. Quale piatto, secondo lei, rappresenta l'anima del Majestic? 

Trovandoci nel centro storico di Bologna cerchiamo di non far mancare mai la tradizione, con le ricette più amate della cucina del territorio. Uno dei piatti che invece meglio rappresentano la mia cucina è il gambero rosso con mandorla, passion fruit, alghe di mare e caviale, che ancora oggi è presente in menù e rispecchia le mie origini e il mio percorso.

4. Sicuramente le capiterà di viaggiare: in queste occasioni, quando mangia nel ristorante di un hotel, qual è la prima cosa che nota?

La prima occhiata va sempre al menù, biglietto da visita del ristorante, che rispecchia lo chef e la sua filosofia di cucina. Quando mangio fuori mi auguro sempre di trovare una persona che ami il suo lavoro, anche se quando si tratta di un hotel questo non basta: deve esserci anche sinergia e fiducia tra lo chef e la proprietà.

La base di un buon lavoro è per me la creatività, che si affianca alla ricerca del prodotto, alla materia prima di qualità e alla freschezza delle verdure, che ormai oggi sono alla base di tutto, se teniamo conto dei milioni di vegetariani che ci sono in tutto mondo. Poi mi piace, quando sono in giro, assaggiare i piatti tipici del luogo in cui mi trovo, e cercare nei menù i piatti più importanti proposti dagli chef, per divertirmi a raccogliere “indizi” sull’identità di chi li ha preparati.

5. I professionisti della ristorazione svolgono un lavoro molto impegnativo e duro, che richiede, spesso, un grande sforzo fisico oltre che mentale. Qual è la sua giornata tipo e come fa a sostenere i momenti di lavoro più intensi?

Le mie giornate sono abbastanza frenetiche: si parte alle 7 di mattina (quando si sveglia mia figlia) e le primissime ore della giornata sono dedicate alla famiglia. Tra le 9 e le 10 arrivo in cucina, dove ci occupiamo per prima cosa del contatto con i fornitori, dello stoccaggio della merce e del controllo e della sistemazione delle derrate alimentari. Si passa poi all’organizzazione delle partite e i ragazzi iniziano a lavorare ad antipasti, primi e secondi.

A quel punto facciamo un briefing giornaliero con gli uffici che si occupano degli eventi per capire gli appuntamenti del giorno, poi torno in cucina per organizzare al meglio il servizio con i camerieri di sala e i vari responsabili.

Alle 11:30 è il momento del pranzo per lo staff: il ristorante apre alle 12:30 e nel pomeriggio non avremo tempo di mangiare. Dopo il servizio del pranzo si parte infatti con l’organizzazione della cena, che finisce a mezzanotte, dopodiché c’è la pulizia e la sistemazione delle cucine, oltre agli ordini per il giorno successivo.

In generale gestisco lo stress cercando di restare calmo: riusciamo a superare le giornate più intense tutti insieme come squadra, aiutandoci a vicenda, sorridendo e ricercando sempre l’armonia, che per stare tante ore insieme è fondamentale.

Il nostro lavoro è un flusso continuo, che senza passione non è possibile perché richiede tanti sacrifici: anche se arriviamo alla sera stremati, il giorno seguente ricominciamo con un sorriso.

6. A cosa non potrebbe mai rinunciare nella sua cucina? Un sapore, un ingrediente, uno strumento di lavoro specifico…

In tutti i miei menù porto sempre un po’di casa con la ‘nduja calabrese. In questo momento ho, ad esempio, una linguina con un brodetto di scorfano, aggiunta di ‘nduja in infusione, ricci di mare e limone. In generale, mi piacciono i sapori puliti, e sono felice di poter dire che nella mia cucina si è sempre in grado di identificare i diversi gusti e sapori che compongono un piatto.

 

 

 

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