L’hotel, il 4 dicembre 1876, aveva tra l’altro ospitato il grande banchetto in onore di Richard Wagner e della moglie Cosima in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Bologna al grande compositore tedesco. Erano presenti quaranta commensali selezionatissimi, reduci dalla rappresentazione del Rienzi al Teatro Comunale. Nel cortile dell’albergo il maestro Antonelli, direttore della Banda comunale, eseguì per l’occasione sinfonie del Lohengrin, del Tanhauser e del Rienzi, ricevendo il plauso caloroso dello stesso Wagner.
Nelle sue sale, riferisce una vecchia guida, «hanno sostato ministri e deputati, uomini illustri e nobili famiglie estere e si sono svolti banchetti politici di alta importanza». Nel 1889, come si ricava da un vecchio conto, era condotto unicamente da Giuseppe Nicola che, tre anni più tardi, il 30 aprile 1892 lo cedette a Guido Baglioni, definito in una pubblicazione coeva «un serio e attivo industriale torinese che vi ha portato tutte le riforme richieste dalle moderne esigenze». Si tratta di un passaggio cruciale perchè segna l’approdo a Bologna di un esponente della grande famiglia hotelliera dei Baglioni, ossia di Guido Baglioni, ma soprattutto fa scaturire la scintilla che, di lì a una ventina d’anni, farà brillare di vivida luce una nuova stella di prima grandezza nel firmamento dell’ospitalità bolognese: il Grand Hotel Baglioni, divenuto poi Grand Hotel Majestic «già Baglioni».
Ma ritorniamo un attimo sui primi anni di vita del suo «incubatore», il Grand Hotel d’Italie in via Ugo Bassi, che stava mietendo forti apprezzamenti da parte della clientela italiana e straniera grazie all’abile guida della famiglia Baglioni.
Una bella locandina pubblicitaria in francese della fine dell’Ottocento, ravvivata da una veduta del magnifico cortile rinascimentale dell’antico Palazzo della Gabella (poi coperto nei primi anni del XX secolo e trasformato in salone per ricevimenti) ci illustra i comfort di cui l’albergo era dotato: ascensore idraulico, riscaldamento a caloriferi, piccole e grandi suite, bagni e docce, salone di lettura e fumoir, ristorante per colazioni e pranzi serviti allo stesso prezzo della table d’hôte.
Questi miglioramenti giustificano appieno il mutamento della sua denominazione, che era divenuta subito più altisonante e consona alle ambizioni del suo timoniere Guido Baglioni: Grand Hotel d’Italie-Baglioni. Lo stesso Guido, di lì a pochi anni, assunse anche la gestione di un albergo ai Bagni della Porretta in amena posizione lungo il fiume Reno.
Una fotografia nitida della realtà hotelliera bolognese all’alba del XX secolo viene scattata nella sesta edizione in francese del famoso Manuel du voyageur curato ed edito da Karl Baedeker a Lipsia (1904). Di ogni hotel cittadino viene fornito un telegrafico e sintetico giudizio: un apprezzamento tanto più interessante in quanto proviene da quella che veniva considerata allora la più autorevole guida turistica a livello europeo. Ecco il giudizio sull’albergo condotto da Guido Baglioni: Hotel d’Italie (gestione Baglioni), nel palazzo Mattei, via Ugo Bassi 1, «de premier ordre avec ascenseur et caloriféres». Costo a camera: 3,50 franchi; tre alternative per i pasti: franchi 1,50, 3,50, 4,50; costo omnibus per la stazione un franco.
Albergatore fra i più stimati d’Italia e di temperamento intraprendente e lungimirante, Guido Baglioni, dopo due decenni di permanenza in via Ugo Bassi, indirizzò i suoi sguardi sull’antico artistico palazzo già del Seminario Arcivescovile in via Indipendenza, il nuovo veloce rettifilo diretto alla stazione ferroviaria, terminato nel 1890. Dopo avere coronato il suo sogno ne fece, grazie al suo ricco knowhow, un nuovo sfarzoso albergo enfatizzando il nome della propria famiglia: l’Hotel Baglioni. Bologna si arricchiva così di una nuova ragguardevole struttura alberghiera destinata a lasciare un’impronta incisiva nella storia dell’hotelleria bolognese e della stessa città. Da questo momento le vicende dei due alberghi Baglioni si divaricano. Infatti il Gran Hotel d’Italie passò nel 1912 in gestione a Salvatore Cevenini che conduceva anche il vicino noto Albergo del Pellegrino. Albergatore nato, dopo aver viaggiato in lungo e in largo per l’Europa e vissuto a Londra e Parigi, il Cevenini venne così a trovarsi al timone del titolato hotel petroniano. Parlava brillantemente quattro lingue «con un accento che tutti i forestieri gli riconoscono invidiabile». Suo maggior merito fu quello di avere introdotto a Bologna i miglioramenti imposti dalle moderne esigenze all’industria alberghiera, facendo tesoro dell’esperienza acquisita nei grandi alberghi delle capitali europee.
Invece il Grand Hotel Baglioni nella sua nuova sede di via dell’Indipendenza, già divenuta la passeggiata elegante della città sotto i suoi portici, si apprestava a diventare l’albergo simbolo di Bologna, il più ricercato ed elogiato dai personaggi di riguardo in sosta o di passaggio per la città.