Rievocare il cammino di un albergo, specie di quelli di maggior prestigio, significa rivivere un capitolo non marginale della storia stessa di un luogo e percepire la sua proiezione esterna. Sono infatti poche le strutture che, al pari degli hotel, si identificano con l’ambiente in cui sono inseriti e operano, del quale riflettono gli umori civili e le tradizioni culturali per riversarle su quanti ne varcano la soglia col loro bagaglio di mentalità e costumi differenti.
Un albergo di eccellenza riverbera l’anima profonda di una città, non soltanto perchè è stato ed è teatro di risvolti storici e culturali pregnanti, ma soprattutto perchè costituisce l’impatto più immediato, il primo biglietto da visita per chi viene da fuori, specie per quanto riguarda l’accoglienza dei protagonisti della vita pubblica sulla scena internazionale, tutti straordinari moltiplicatori di opinione. Una sensazione piacevole vissuta durante il loro soggiorno in hotel si trasfigura, in una sorta di transfer psicologico, in un ricordo positivo che abbraccia l’intera scena ambientale e urbana che fa da sfondo.
Questa è certamente la funzione o, per dirla con un termine sulla cresta dell’onda, la mission più congeniale di un hotel: quella di fungere da carta di presentazione delle credenziali di una città e delle sue vibrazioni umane e vitali. Una vocazione «diplomatica» insostituibile, tagliata su misura per una realtà alberghiera come il Grand Hotel Majestic «già Baglioni» che aggiunge proprio quest’anno un secolo di vita al suo blasone, dove già campeggia la sua ubicazione privilegiata nel cuore pulsante della città in mezzo ai suoi fremiti più sottili e che vanta anche l’inestimabile cornice di un antico edificio ricco di valori storici e artistici le cui vicende affondano le radici nell’humus della civiltà romana.
Il Grand Hotel Majestic «già Baglioni» è uno dei simboli di Bologna per l’immagine di signorilità che fin dalla sua fondazione ha trasmesso e continua a trasmettere a migliaia di ospiti italiani e stranieri, lasciando in ognuno una testimonianza indelebile delle tradizioni civili e dello spirito di accoglienza che da sempre contraddistingue la città. Fin da quando, a partire dal Medio Evo, ha spalancato le sue porte a una messe di giovani studenti affluiti sotto le Due Torri da ogni parte d’Europa per dissetarsi con la linfa del sapere distillata dai maestri della sua Università, l’Alma Mater Studiorum, la più antica del mondo.
Ma anche per appagarsi con altri piaceri più prosaici, ma non meno importanti, come quelli offerti dalla decantata cucina bolognese, tuttora fiore all’occhiello della città. E proprio dai primordi dell’università e dalla presenza di migliaia di giovani stranieri appartenenti a famiglie nobili o comunque benestanti, spesso accompagnati dai e dei loro «famigli», i valletti, prende avvio e si consolida lungo i secoli la tradizione alberghiera di Bologna e la vocazione all’accoglienza dei suoi «locandieri» e dei suoi abitanti, un’inclinazione ancora viva e vibrante.
Questi valori vengono quintessenziati nelle pagine che seguono in cui si dipana un brano di storia tangibile della città attraverso le vicende dell’albergo e delle costruzioni che l’hanno preceduto. Grazie alla presenza dei personaggi illustri di ogni Paese che hanno sostato al Baglioni, lasciando sull’Albo d’Onore una traccia palpabile del loro passaggio - spesso con dediche straordinariamente lusinghiere - rivivono i fasti del Baglioni che, a ben riflettere, diventano i fasti di Bologna stessa.
Soffermarsi sulle loro parole, sugli schizzi e sui disegni, con cui non di rado le hanno accompagnate, e osservare i volti dei protagonisti stagliati nelle fotografie d’antan fa rinverdire molti ricordi e sprigiona una ventata di freschezza, dando l’ineffabile impressione che il tempo si sia fermato.